Torme di schiavi assetati muovono giganteschi blocchi di pietra e schiene annerite dal sole e piagate dalle fruste si curvano nello sforzo immane; talvolta qualcuno cade sfinito dalla fatica per non rialzarsi mai più, mentre le gigantesche piramidi vengono innalzate lentamente... Queste immagini, trasmesseci dai giganteschi affreschi "storici" dai colossal holliwoodiani o dai romanzi popolari ambientati nell’antico Egitto, sono assolutamente false anche se - per ragioni molteplici - hanno resistito a lungo nella nostra cultura. In realtà, i costruttori delle piramidi o dei templi erano operai regolarmente assunti e che percepivano un giusto salario in natura, come tutti gli altri lavoratori, artigiani e contadini che prestavano la loro corvé. La schiavitù, intesa come assenza totale di diritti legali, non esisteva in Egitto, dove tutto nella vita economica doveva svolgersi secondo i concetti di ordine e armonia sociale e di reciprocità e solidarietà. Talvolta poteva succedere che alcuni lavoratori venissero ceduti o affittati dai proprietari terrieri o dai templi, ma si trattava di uomini costretti dall’estrema miseria a uno stato di "servitù" né definitivo né ereditario: essi non furono mai considerati come cose o come macchine. Anche quando, durante il Nuovo Regno, gli egizi intrapresero guerre di conquista, i prigionieri catturati venivano presto integrati nella vita economica del paese.